Spazzacorrotti: anche la Cassazione solleva la questione di legittimità costituzionale
Come si evince dall’allegata decisione n. 15/2019 della Corte di Cassazione, all’udienza del 18 giugno i giudici della Prima sezione penale inviano gli atti alla Consulta, chiedendo di verificare la compatibilità costituzionale della nuova normativa che non consente più di sospendere l’ordine di esecuzione della pena per i reati contro la pubblica amministrazione commessi prima dell’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019 ed in caso in cui la sentenza sia divenuta irrevocabile in data successiva a quella di vigenza della medesima legge.
La questione era già stata sollevata da vari giudici di merito: in particolare dal G.I.P. di del Tribunale di Napoli ordinanza del 2 aprile 2019; dalla Corte di Appello di Lecce, ordinanza 4 aprile 2019; dal Tribunale di Sorveglianza di Venezia, ordinanza, 8 aprile 2019.
In verità, la Suprema Corte, Sesta sezione, nella sentenza n. 12451 del 2019 aveva ritenuto non manifestamente infondata la questione ma non rilevante nel caso sottopostole alla sua attenzione. Più precisamente per gli ermellini, «Avuto riguardo al diritto vivente – scrive la Cassazione – le disposizioni concernenti l’esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non riguardando l’accertamento del reato e l’irrogazione della pena, ma soltanto le modalità esecutive della stessa, sono considerate norme penali processuali e non sostanziali e, pertanto, ritenute soggette – in assenza di una specifica disciplina transitoria – al principio tempus regit actum e non alle regole dettate in materia di successione di norme penali nel tempo dall’art. 2 cod. pen. e dall’art. 25 Cost. In applicazione di tale interpretazione, con riferimento ai reati ascritti al ricorrente, non sarebbe più possibile disporre la sospensione dell’esecuzione ai sensi del combinato disposto dell’art. 656, comma 9, cod. proc. pen. in base all’art. 4-bis ord. penit. (come novellato nel gennaio 2019)».
«Nella più recente giurisprudenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo – prosegue la Corte – ai fini del riconoscimento delle garanzie convenzionali, i concetti di illecito penale e di pena hanno assunto una connotazione “antiformalista” e “sostanzialista”, privilegiandosi alla qualificazione formale data dall’ordinamento (all’ “etichetta” assegnata), la valutazione in ordine al tipo, alla durata, agli effetti nonché alle modalità di esecuzione della sanzione o della misura imposta».
Alla luce di tale approdo della giurisprudenza di Strasburgo – si legge nella sentenza – «non parrebbe manifestamente infondata la prospettazione difensiva secondo la quale l’avere il legislatore cambiato in itinere le “carte in tavola” senza prevedere alcuna norma transitoria presenti tratti di dubbia conformità con l’art. 7 CEDU e, quindi, con l’art. 117 Cost., là dove si traduce nei confronti del ricorrente nel passaggio – “a sorpresa” e dunque non prevedibile – da una sanzione patteggiata “senza assaggio di pena” ad una sanzione con necessaria incarcerazione, giusta il già rilevato operare del combinato disposto degli artt. 656, comma 9 lett. a), cod. proc. pen. e 4-bis ord. penit.».
Tuttavia – si conclude – «i delineati profili di incostituzionalità pertengono, a ben vedere, non al patto stipulato fra le parti e ratificato dal giudice, né alla pena applicata su richiesta – di per sé validi e “indifferenti” alla novella normativa del 2019 -, bensì alla mera esecuzione della sanzione, incidendo, come si è già detto, sulla sospendibilità, rectius non sospendibilità, dell’ordine di esecuzione. In altri termini, la questione di incostituzionalità prospettata afferisce non alla sentenza di patteggiamento oggetto del presente ricorso, ma all’esecuzione della pena applicata con la stessa sentenza, dunque ad uno snodo processuale diverso nonché logicamente e temporalmente successivo, di talché ai fini della decisione di questa Corte non rileva, potendo se del caso essere riproposta in sede di incidente di esecuzione».
Vedremo se la Prima sezione, nell’ordinanza di rimessione seguirà lo stesso sentiero interpretativo della 12541 del 2019.
25/06/2019
Avv. Carmelo Minnella